Arezzo (giovedì, 3 luglio 2025) — Il 30 giugno segna la conclusione di un’attività artigianale che per due decenni ha rappresentato ben più di un semplice servizio di sartoria. Con l’addio di Paola Perrotta, storica sarta di via Trento Trieste, si chiude un laboratorio di cucito ma anche una finestra di socialità, vicinanza umana e cura del dettaglio che aveva conquistato la fiducia di generazioni di clienti.
di Alice Grieco
A 64 anni, Paola Perrotta ha deciso di abbassare per l’ultima volta la saracinesca della sua sartoria, salutando con gratitudine e commozione una comunità che negli anni si è stretta attorno al suo talento e alla sua disponibilità. Lungo le pareti di quel piccolo laboratorio artigianale, situato nel cuore pulsante del quartiere, si sono intrecciate storie di vita quotidiana, confidenze inaspettate e piccoli gesti che hanno reso il negozio un presidio umano prima ancora che commerciale.
«È arrivato il momento di fermarsi – ha raccontato Paola nel giorno dell’addio –. Ho ricevuto un affetto che mi ha commossa profondamente. Il mestiere dell’artigiano richiede forza, costanza e spesso non viene valorizzato come dovrebbe. Ma le relazioni umane che ho costruito qui valgono ogni fatica fatta».
La sua storia affonda le radici nella solidarietà: tutto iniziò nel 1999, quando Paola, appassionata di cucito fin da bambina e figlia d’arte – la madre era sarta – si avvicinò all’associazione Donne Insieme con spirito di volontariato. Da lì nacque una collaborazione che si trasformò presto in un progetto professionale. Il laboratorio diventò ben presto un punto di riferimento, non solo per piccoli aggiustamenti sartoriali e lavori su misura, ma anche per il calore umano che sapeva trasmettere.
Durante gli anni, la sartoria ha saputo interpretare i bisogni del quartiere, offrendo ascolto oltre che ago e filo. Molti clienti si fermavano non solo per ritirare un capo rifinito con maestria, ma anche per scambiare due parole, chiedere un consiglio, trovare un momento di tregua dalla solitudine. È in questa capacità di accogliere che si è manifestata la vera essenza del mestiere artigiano nella sua dimensione più autentica e sociale.
Il saluto dell’ultimo giorno non è passato inosservato. Al fianco di Paola, a celebrare la chiusura di questo importante ciclo di vita, c’erano il marito Valter Cerbini, i figli Stefania ed Enrico e la nipotina Agata Maria. Una festa semplice ma densa di emozioni, come quelle che hanno caratterizzato il percorso di una donna che ha saputo trasformare un mestiere in un gesto quotidiano di cura verso gli altri.
«Ho imparato osservando mia madre. Mi divertivo a cucire da bambina e da lì non ho mai smesso. In questi anni ho conosciuto persone straordinarie, clienti che sono diventati amici. La stanchezza oggi si fa sentire, ma mi porto nel cuore un bagaglio umano impagabile», ha dichiarato con la voce rotta dall’emozione.
Nel bilancio personale, Paola non ha nascosto le difficoltà: l’artigianato italiano, pur essendo custode di saperi preziosi, è sempre più ostacolato da una burocrazia soffocante e da scarse gratificazioni economiche. Un mestiere antico che rischia l’estinzione, nonostante rappresenti una risorsa fondamentale per la qualità della vita urbana.
La chiusura della sartoria di via Trento Trieste lascia dunque un vuoto non solo commerciale ma sociale. In un tempo in cui i quartieri faticano a mantenere un’identità comunitaria, la perdita di un presidio artigiano come quello di Paola rappresenta una ferita per l’intero tessuto cittadino.
Molti residenti, increduli e affranti, hanno espresso il desiderio che l’attività potesse proseguire, se non altro per non spegnere quella vetrina che ha visto passare generazioni e ha custodito tante piccole storie di vita. Un luogo in cui anche il tempo sembrava rallentare per lasciare spazio all’ascolto, alla gentilezza, al gesto artigiano compiuto con dedizione.
Con la chiusura di questo laboratorio, si conclude anche un modello di prossimità basato su relazioni vere e valori umani. Ma l’eredità di Paola Perrotta non si disperde: resterà nella memoria di chi ha trovato in lei non solo una sarta precisa e competente, ma anche una presenza rassicurante e calorosa.
In un contesto urbano sempre più esposto alla desertificazione commerciale, alla trasformazione in dormitori e alla spersonalizzazione, storie come quella di Paola ricordano quanto sia fondamentale preservare e sostenere l’artigianato di quartiere: perché una città vive davvero solo quando le sue strade custodiscono non solo negozi, ma anche volti, mani e cuori che sanno ancora costruire relazioni.
Tag: artigianato, chiusura sartoria, donne insieme, volontariato Last modified: Luglio 3, 2025

