Arezzo, (giovedì 12 giugno 2025) — L’immagine più evocativa e simbolica del villaggio di Poti, oggi immerso nell’abbandono, è quella di due bambini che, nonostante l’evidente stato di degrado, si divertono su un’altalena arrugginita. Il loro gesto, semplice ma carico di significato, sembra voler lanciare un messaggio silenzioso ma potente: la montagna di Poti deve rinascere.
di Alice Grieco
Un messaggio che riecheggia ogni anno durante l’evento “Poti a Piedi”, promosso dalla Fondazione Arezzo Wave Italia in collaborazione con il CALCIT, CAS Villa Severi, Associazione A Piede Libero, Podistica Aretina e Fondazione Guido d’Arezzo. Tuttavia, l’entusiasmo generato da questa camminata collettiva che anima la zona ogni giugno, si dissolve rapidamente, lasciando spazio al consueto silenzio.
Eppure, il fascino del villaggio resiste. Nonostante la vegetazione stia lentamente inghiottendo le strutture, il luogo continua a raccontare storie: quelle degli aretini che, fino agli anni Ottanta, salivano a Poti – spesso in corriera – per godersi l’aria fresca, la piscina, il bar e le numerose attrazioni. L’idea di costruire questo villaggio fu del commendatore Umberto Perrotta negli anni Cinquanta. L’albergo cessò la sua funzione ricettiva negli anni Settanta, seguito dalla chiusura definitiva della pizzeria nei primi anni Ottanta. Da allora, le luci si sono spente.
Antonio Martini, dell’associazione A Piede Libero, ripercorre la storia e l’evoluzione del sito:
“Sei anni fa, la piccola chiesa del villaggio era ancora in piedi. L’anno scorso è crollata e oggi è completamente ricoperta dalla vegetazione”.
Un cambiamento evidente anche rispetto all’edizione precedente di “Poti a Piedi”: la sbarra che in passato limitava l’accesso – ricordiamo che si tratta di una proprietà privata – è stata completamente rimossa.
“Nel 2019 una delle casette in legno era ancora abitata. Oggi, non più”.
Oltre ciò che resta della chiesina di Poti, si erge ancora la grande baita che fu la residenza del commendatore Perrotta. Colpisce la presenza, in una delle finestre, di una tenda a fiori: un frammento di quotidianità sospesa nel tempo.
Il legno deteriorato dalle intemperie resiste a fatica, laddove la vegetazione non ha già riconquistato il territorio. Rispetto all’anno precedente, le piccole abitazioni appaiono ulteriormente vandalizzate, con evidenti segni di passaggi notturni e occupazioni temporanee. Le porte sono spalancate, e al loro interno si intravedono stracci e indumenti sparsi. Le finestre, anch’esse aperte, lasciano entrare la natura che avanza senza ostacoli.
La pista da ballo, un tempo teatro di momenti felici e probabilmente di tanti amori giovanili, è ora invasa dalla vegetazione. Di fronte, l’ex struttura alberghiera “Alpe di Poti” conserva ancora l’insegna originale, benché la stabilità dell’edificio sia compromessa: parte del tetto è crollato, e un albero si è adagiato pericolosamente contro la parete, mettendo a rischio la tenuta della struttura nelle giornate ventose.
Proseguendo, si incontrano un dondolo e una panchina, entrambi corrosi dalla ruggine. Uscendo dal villaggio, lo scenario non migliora: davanti all’ex pizzeria – una struttura in cemento – sono presenti rifiuti abbandonati, così come all’ingresso principale.
Eppure, quel gesto dei bambini che si dondolano sull’altalena racchiude un desiderio profondo: che il villaggio di Poti possa tornare a vivere, valorizzato, recuperato e restituito alla collettività. Un luogo della memoria, della natura e della storia di Arezzo, che attende solo di essere ascoltato.
Tag: alture, poti a piedi, rinascita, villaggio di poti Last modified: Giugno 12, 2025