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Arezzo: l’esclusione estiva che fa male al cuore

Arezzo (mercoledì, 30 luglio 2025) — In una calda giornata d’estate, ad Arezzo, la spensieratezza dell’infanzia si è bruscamente interrotta per un bambino di appena sette anni, iscritto come ogni anno a un campo solare del territorio. Lacrime silenziose, cariche di incomprensione e delusione, hanno segnato la fine prematura di un’esperienza che per lui rappresentava non solo un’occasione di svago, ma un vero momento di crescita e socializzazione.

di Alice Grieco

A raccontare i contorni della vicenda è l’avvocata Silvia Antichetti, che assiste la famiglia del minore. Il bambino, spiegano i genitori attraverso la voce del loro legale, presenta una forma lieve di disturbo dello spettro autistico. Una condizione che non comporta significative problematiche comportamentali o relazionali e che, proprio per la sua lievità, non era stata ritenuta rilevante né per le precedenti edizioni del campo, né nella modulistica d’iscrizione per l’estate in corso. “Parliamo di un bambino sano, brillante, intelligente” precisa l’avvocata, “che in nessun modo ha mai manifestato criticità tali da compromettere la convivenza o lo svolgimento delle attività previste”.

Il punto di rottura è arrivato inaspettatamente, dopo diverse settimane dall’inizio del campo solare. Un aggiornamento comunicato nel contesto di un progetto educativo interno ha fatto emergere il profilo clinico del bambino. Da quel momento, l’associazione sportiva che gestisce il campo – realtà consolidata e riconosciuta a livello comunale – ha comunicato alla famiglia l’impossibilità di proseguire con l’accoglienza del minore.

La scelta, secondo quanto riferito, sarebbe stata motivata da ragioni organizzative e da presunti limiti strutturali nel garantire il supporto adeguato. Una giustificazione che, per la famiglia, ha tuttavia il sapore di una discriminazione inaccettabile. “Se in anni precedenti non si era mai verificato alcun problema, e se il bambino aveva partecipato serenamente anche nei giorni precedenti all’esclusione, perché oggi non sarebbe più possibile?” si domanda l’avvocata Antichetti.

A seguito dell’esclusione del piccolo, la famiglia ha deciso di ritirare anche l’altro figlio, iscritto allo stesso campo, in segno di solidarietà e per tutelare il clima familiare, profondamente turbato dalla vicenda.

L’episodio ha dato origine a una formale diffida, notificata dall’avvocata Antichetti ai referenti dell’associazione sportiva. Un atto che prelude a una possibile azione legale più articolata, finalizzata a ottenere il riconoscimento di quanto accaduto non solo come lesione di diritti soggettivi – richiamando esplicitamente l’articolo 3 della Costituzione Italiana, la Legge 104/92 e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità – ma anche come ferita morale a danno del bambino e della sua famiglia.

“Non si tratta soltanto di una violazione giuridica,” sottolinea la legale, “ma di un fallimento etico. In un’epoca in cui si proclamano a gran voce valori come inclusione e accoglienza, simili esclusioni assumono un peso devastante. Non sempre la discriminazione si manifesta in forme clamorose. Spesso si cela in gesti piccoli, burocratici, apparentemente neutri. Ma sono proprio questi a fare più male, perché colpiscono in silenzio, nei luoghi in cui ci si dovrebbe sentire al sicuro”.

Il nodo, nel cuore della questione, è profondo: un campo estivo non dovrebbe mai trasformarsi in un filtro sociale, ma essere uno spazio educativo aperto e accogliente. “Se un luogo deputato alla crescita di bambini e bambine non è in grado di accogliere le differenze,” osserva ancora Antichetti, “allora viene meno alla sua stessa ragion d’essere. Non è un parcheggio per genitori impegnati, ma una comunità in miniatura, dove si dovrebbe imparare il valore dell’altro, non l’arte dell’esclusione.”

Il risvolto giuridico resta aperto, ma quello umano è già evidente: un bambino ha perso, forse per la prima volta, la fiducia nell’ambiente che avrebbe dovuto sostenerlo. E un’intera comunità – che si interroga sulla propria capacità di essere davvero inclusiva – non può restare indifferente.

In attesa che la vicenda trovi un riscontro formale nelle sedi competenti, la famiglia ha deciso di non tacere. Non si tratta solo di ottenere giustizia per il proprio figlio, ma di sollevare una riflessione pubblica più ampia, che chiama in causa il ruolo delle istituzioni, delle associazioni educative e del tessuto sociale nel suo complesso.

“Quando un bambino viene escluso per la sua disabilità – conclude l’avvocata – viene ferita un’intera società. L’inclusione non è uno slogan: è una responsabilità quotidiana. E inizia dai luoghi in cui si gioca, si cresce e si sogna.”

In un’Italia che ambisce a essere realmente inclusiva, episodi come questo non possono passare sotto silenzio. Perché un’estate negata a un bambino è un inverno precoce per tutti.

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Tag: , , Last modified: Luglio 30, 2025
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